giovedì 29 novembre 2012

I sapori contadini in Umbria

Nella settimana che va dal 27  Novembre al 7 dicembre Grano e Sale si trasforma per qualche giorno  in una vera e propria "aia"  contadina, con la prima edizione della Festa di campagna. Ogni sera il menù propone infatti sapori, profumi, suggestioni (e persino giochi) legati alla nostra tradizione contadina, con tanto di gara della "pesa ad occhio" del prosciutto, come nelle migliori tradizioni delle feste rurali.



La festa di Grano e Sale  ci da' l'occasione di fare un breve excursus su alcuni punti forti della tradizione culinaria (ed alimentare in genere) del nostro territorio, quello  Narnese . nello specifico - che si inserisce nella più vasta tradizione Umbro-sabina.

L'Italia centrale è sempre stata una sorta di "cerniera" culturale tra il nord longobardo ed il  sud latino-mediterraneo, un territorio che ha assorbito usi alimentari da entrambe le zone, mescolandoli a modo suo, creando un ibrido culinario che nei secoli ha rappresentato la sua vera identità culturale-alimentare.
Gli storici dell'alimentazione (tra cui massimo Montanari) amano parlare di linee alimentari che sin dall'antichità hanno caratterizzato la penisola: al nord la linea maiale-burro (o lardo) - cereali, a sud quella grano-ulivo-vite, rifacendosi alle coltivazioni ed agli alimenti più in voga sin dall'alto medioevo-
Il nord "longobardo" (e precedentemente celtico) si caratterizza per la cacciagione, l'allevamento del maiale, l'essiccazione delle carni, e l'uso smoderato di grassi animali per il condimento delle vivande, tra cui il lardo (e successivamente il burro) la fanno da padroni.



La bassa incidenza iniziale della vite (poi impiantata dai romani..) porta ad usare vari cereali per preparare bevande alcoliche simili alla birra - come già spiegato in questo post di qualche tempo fa' - di cui i sovrani romano-barbari vanno pazzi.

La supremazia del maiale tra le carni è testimoniata dall'importanza che i Longobardi davano all'allevamento suino in Italia, con tanto di "ufficiali" addetti al loro mantenimento in Umbria e Toscana (l'arciporcaro), ed infatti molto frequenti sono i toponimi legati alla loro presenza anche nel nostro territorio: Borgaria ad esempio, o  Portaria (presso terni), sono entrambi etimi "ingentiliti" da Porcaria.



La tradizione è molto antica; frequenti sono infatti le raffigurazioni dei maiali (o cinghiali) nelle tombe delle popolazioni Umbre, ed il ritrovamento di bronzetti votivi nella necropoli di Pentima, accanto a figure umane, ne è testimone.



In Umbria si sviluppa quindi la lavorazione della carne di maiale, Norcia diventa la "capitale" dell'arte che proprio da questa città prenderà il nome, la norcineria appunto.



I salumi umbri sono sin dal medioevo sinonimo di qualità, la carne di maiale si cucina, si sala per la conservazione, si trasforma, si include in ogni pietanza, e viene consumata in quasi tutte le stagioni, sebbene la tradizionale "spaccatura del maiale" avvenga proprio all'inizio dell'inverno, a dicembre, quando le famiglie si  riuniscono nel casolare per preparare la carne, salarla, trasformarla in salsicce, prosciutti ecc, un'operazione che dalle nostre parti avviene  ancora oggi, nel solco di una tradizione conviviale - contadina secolare.

L'Umbria però - dicevamo - è una cerniera tra nord e sud, e la vasta presenza di ulivi (con tutta la valenza simbolica di questa pianta, basti pensare a san Francesco..) sulle nostre colline determina da sempre il secondo grande "segno" culinario: l'olio d'oliva.


E' singolare che nei trattati di cucina medievali umbri il condimento a base di sale e lardo (anche per la conservazione della carne) venga spesso accostato all'uso dell'olio appunto, una convivenza pacifica tra i due Principi della tavola contadina, che qui non sembrano "bisticciare" per la supremazia come avveniva altrove in Italia.

L'olio ed il grano quindi, e conseguentemente l'altra grande invenzione della cucina contadina: le zuppe di pane ed  olio e - soprattutto - la bruschetta, l'alfa e l'omega dell'alimentazione popolare da sempre, la koinè alimentare dell'Italia centrale, la perfetta coniugazione dei 2 elementi mediterranei presenti in queste terre: l'olio ed il pane.
La bruschetta - così come la pizza - è la base, il minimo indispensabile, il primo contatto del pane (quello umbro senza sale è il migliore allo scopo...) con l'olio nel frantoio, dopo la scottatura nel forno, con la semplice aggiunta di un pizzico di sale e pochissimo aglio, ma questa è solo la sua condizione "basic", sicuramente  la più genuina, originale. Poi però arriva il resto: i pomodorini, i formaggi, addirittura la nobilitazione del povero pasto con il tartufo o i vari patè ecc...
La bruschetta è democratica, non ammette alto o basso, è nobile e popolare al tempo stesso, secondo i gusti!



Ecco quindi  che la Festa di Campagna di Grano e Sale non è solo una ghiotta occasione conviviale, bensì un ennesimo passo nel solco di questa nostra tradizione secolare, verso la soddisfazione del palato e - perchè no? - dell'anima.

lunedì 19 novembre 2012

L'italiano che si parla (e si mangia) a Brooklyn

Ricordate il post dedicato alla cucina italiana negli States? In quell'occasione avemmo modo di chiarire qualche dubbio riguardo alla "percezione" della tradizione italiana negli USA, alla ricerca delle "deviazioni" culinarie che la nostra cara cucina ha subito nei secoli da quelle parti, ed oggi vogliamo fornirvi un esempio molto caratterizzante di questa italianità a stelle e strisce, avvalendoci di parole e musica.



Partiamo da un film: una delle opere "cult" di Woody Allen è senza dubbio "Broadway Danny Rose", del 1984, opera in cui proprio un ristorante, il Carnegie Delicatessen Restaurant di New York, gioca un ruolo chiave: qui infatti  si incontrano i personaggi che ricorderanno le gesta "eroiche" del semi-fallito talent scout Danny Rose, con tenerezza ed allegria, e che rappresentano un po' il coro di questa commedia umana dello show business di New York.

I personaggi mangiano italiano, molti di loro sono di origine italiana, altri invece ebrei (come il protagonista ed Allen stesso d'altronde, regista che deve molto all'umorismo Yiddisch di Graucho Marx..) e comunque tutti orgogliosamente Newyorchesi che amano la cucina italiana sopra ogni cosa.

La colonna sonora della loro chiacchierata iniziale è una canzone di un curioso crooner italo-americano, tale Nick Apollo Forte, che canterà lo stesso pezzo anche durante un pranzo di cerimonia - come si addice alla tradizione dei matrimoni italo-americani - più avanti nel film.
La canzone in questione si chiama "Agita" e la lingua usata è un curiosissimo mix di italiano ed inglese nella pura tradizione di Brooklyn, un testo che vale la pena trascrivere qui:


“Agita“
(by Nick Apollo Forte)

Una two!
Agita
My cumpà in the panzo
When I eat, he gets a treat
Like a canzò
He enjoys every meal
Every bite that I steal
Agita
My cumpà in the panzò

Za da da da da|boom cha boom cha

Some people like their pizza, some people like-a suffrite
And others like hot pepper on everything they eat
You’ll hunger with a vuole to taste that baccalà
Then all at once you think, ”Will I answer to cumbà?”

Ba ba ba ba bum|cha cha dum

My lovely, lovely woman, I hate to see her cry
But when I start to mangia, I get the evil eye
My vuole’s getting stronger
Ah, the hell with my cumpà
Then I get it from my woman, che te pozzeno schiattà

Agita
My cumpà in the panzo
When I eat, he gets a treat
Like a canzoò
He enjoys every meal
Every bite that I steal
Agita
My cumpà in the panzò....

Nel testo si nota una radice dialettale imprecisa, come spesso avviene per la percezione degli americani dei nostri dialetti (in una serie famosa, i Griffin, il parlare/gesticolare imitando l'italiano è ritenuto sufficiente per farsi capire...) e parole tipo "cumpà" e "panzo", ma anche termini gastronomici come pizza, suffritte e baccalà e persino una parolaccia (non percepita tale però dagli americani) come    "Che te pozzeno schiattà" !

Insomma: l'immaginario culinario italiano negli USA si è a lungo nutrito anche di queste commistioni tra italiano ed inglese, e la musica, il cinema e persino la TV fanno la loro parte per tramandare una sorta di "affettuoso pregiudizio" sulla vera natura dell'italianità.

domenica 11 novembre 2012

San Martino: tradizioni e folklore nel tempo

L'11 Novembre è tradizionalmente dedicato a San Martino, ed a questo giorno - così come al Santo - sono legati proverbi e tradizioni spesso  legate alla stagionalità...

 


E' infatti noto come -anche dalle nostre parti, in Umbria - questo giorno sia dedicato all'assaggio del primo vino novello dell'anno, accompagnato dalla degustazione delle tipiche caldarroste, e spesso per questa occasione si organizzano sagre e feste della castagna e del vino novello un po' in tutta l'Italia centrale.



San Martino è un Santo popolare sin dal medioevo, e molte tradizioni, modi di dire e comportamenti "rituali" sono ancora legati al suo nome:  i primi giorni di Novembre da sempre rappresentano una porta dell'inverno, soprattutto nel mondo contadino, e quindi subito dopo la Notte di Halloween, il mondo rurale si appresta a vivere il suo inverno.


Ecco un breve elenco delle tradizioni più curiose:

L'estate di San Martino: è il nome con cui viene indicato il periodo autunnale in cui, dopo le prime gelate, si verificano condizioni climatiche di bel tempo e relativo tepore. Il nome Estate di San Martino è condiviso con le culture ispaniche, mentre nei paesi anglosassoni questo periodo viene chiamato Indian Summer (Estate indiana)



Fare San Martino: è un modo di dire diffuso soprattutto al Nord, nella pianura padana ad esempio, e significa traslocare o trasferirsi, ma anche, in senso più ampio, cambiare luogo di lavoro.
L'origine di questa frase fatta risale ad alcuni secoli fa ed aveva un riscontro pratico in un periodo in cui  gran parte della popolazione attiva della pianura era occupata da contadini.

L'anno lavorativo dei contadini terminava a inizio novembre e, nel caso in cui il padrone (proprietario dei campi e della cascina) non avesse rinnovato il contratto con il bracciante per un altro anno, questo era costretto a trovarsi un nuovo impiego altrove, presso un'altra cascina. In tal caso doveva abbandonare la casa (anch'essa di proprietà del padrone) e trasferirsi nella nuova dimora, con tutta la famiglia al seguito. La data scelta per il trasloco era quasi sempre l'11 novembre, per tradizione e per ragioni climatiche (appunto grazie all'estate di cui sopra..).



San Martino è la festa dei cornuti: anche in questo caso la tradizione è legata al mondo rurale. In questo periodo infatti, dopo la copertura dei campi, in attesa dell'inverno, si tenevano tradizionalmente le fiere ed i mercati del bestiame (traccia se ne conserva con la fiera dei cavalli a Verona in questo periodo, ad esempio...), per cui mentre i mariti andavano in fiera a vedere e saggiare animali cornuti (buoi e tori..) a casa le mogli erano libere di cornificare i consorti.



N.B. il famoso proverbio: "Per un punto Martin perse la Cappa" non ha nulla a che vedere col Santo di Tours! Molti infatti legano erroneamente  il mantello (la cappa) del famoso miracolo ad un'altra tradizione, dove si narra di un frate di nome Martino che aveva scritto sulla porta d'ingresso di un monastero una frase nella quale c'era un punto collocato fuori posto, capovolgendone completamente il senso.

La frase incriminata avrebbe dovuto essere trascritta così: Porta patens esto. Nulli claudatur honesto (La porta sia aperta. A nessuna persona per bene sia chiusa). 
Quella errata suonava invece in questo modo: Porta patens esto nulli. Claudatur honesto (la porta non sia aperta a nessuno. Sia chiusa alle persone dabbene).

Per l'errore commesso, Martino perse la cappa, cioè il priorato. La stessa frase 'Per un punto Martin perse la cappa' viene citata oggi per indicare la perdita, per una disattenzione, di qualcosa importante desiderata.

giovedì 1 novembre 2012

Un pezzetto di Baviera in Umbria (foto album)

Ora che il mese di Ottobre è finito, lasciando lo spazio a Novembre, anche la nostra Oktoberfest è giunta al termine, ma c'ha lasciato il retrogusto dell'ottima Paulaner, tanta allegria e molte  "good vibrations", che la nostra Chiara ha diligentemente immortalato in queste foto:

Le nostre Kellnerinnen alla mescita 

Massimo il  Bavarese in Lederhosen !

Strani Bavaresi con improbabili cappelli...

Prosit !

Vere bionde pseudo Bavaresi !

L'allegria della Paulaner

Mahlzeit ! ( buon appetito )

Quando il gioco si fa duro....

Grano e Sale trasformata in una Brauhaus

Il borsellino perfetto !

Probabilmente  un montanaro delle Alpi bavaresi..


Ed infine la nostra fotografa e collaboratrice in perfetto outfit bavarese: Chiara !!

Auf wiedesehen ed  alla prossima !