lunedì 22 aprile 2013

Il vino dei conventi e quello delle taverne


La fine di Aprile e l'inizio di Maggio a Narni sono indissolubilmente legati alla Festa con la F maiuscola: i festeggiamenti in onore del Patrono San Giovenale, il corteo, la corsa in campo, i musici, gli spettacoli e le taverne.

E' l'occasione giusta, allora, per parlare un po' del vino, la bevanda principe del medioevo, insidiata dalla cervogia, ma solo nel nord  Italia, mentre il resto dello stivale resta fortemente ancorato al succo d'uva, che però si beveva  in un modo molto differente da ciò che ci immaginiamo.
Ecco allora qualche spunto di riflessione, e qualche curiosità al riguardo:



Durante i primi anni del Medioevo, nei territori un tempo occupati dai Romani, la produzione di vino diminuisce ed allora  lo sviluppo della viticoltura si deve in gran parte ai conventi, che lentamente si trasformano in veri e propri centri vitivinicoli, ad opera di monaci che sin dall'inizio si dedicarono alla nobile arte del vino,  in quanto elemento indispensabile durante la messa e simbolo liturgico del sangue di Cristo. 

Questo contribuì notevolmente all'espansione della viticoltura anche in molte zone dove essa non era propriamente parte delle tradizioni locali, ma  la coltivazione della vite è solo uno dei tanti aspetti e dei tanti lavori portati avanti nei monasteri , anche se tra i più importanti e redditizi...



Il vino medievale era suddiviso in tre qualità:
La prima - il "vino" vero e proprio - era ottenuta con una blanda spremitura e produceva un succo naturale e corposo; questo era il prodotto migliore e solo i ricchi potevano permetterselo. 
La seconda spremitura, più vigorosa, offriva un succo di qualità inferiore, il "vinello" probabilmente bevuto dal clero. 
Infine la terza, che generava un quasi vino chiamato "acquerello", consumato dai poveri e ricavato aggiungendo acqua alla poltiglia delle vinacce. 
Per rinforzare gli aromi, il vino medievale era spesso "condito" ripetutamente - così come in passato - con erbe, spezie, miele e assenzio, mentre per essere conservato fino a tre o quattro anni veniva bollito, pena la perdita dei tre quarti della sua qualità.



Aldilà di queste "adulterazioni" bisogna ricordare che il vino nel medioevo raramente viene bevuto puro, forse perchè troppo forte, e quindi l'annacquamento della bevanda è comune, tanto frequente  che lo stesso verbo che oggi usiamo per descrivere l'atto di versare il vino mescere, deriva proprio dall'uso di mescolare vino ed acqua!
Durante i secoli  che caratterizzano il medioevo vino, e soprattutto il "buon" vino, è  sinonimo di ricchezza e prestigio, e l'eccellere nella produzione di qualità diventa per alcuni ordini ecclesiastici quasi una ragione di vita.  
I Benedettini, diffusi in tutta Europa, erano famosi per il loro vino e per il consumo - non proprio moderato - che ne facevano.



I "Carmina Burana" descrivono - ironicamente - la bontà del vino del convento, che però è riservato solo all'abate ed ai priori, mentre il popolino è costretto a bere il vinello.
Il potere della "vermiglia bevanda", diventa ben presto bersaglio satirico del popolo costretto alla sua astinenza. Con il consueto lazzo di spirito popolare, ecco una versione "alcolica" del Pater Noster, tradotta dal latino: 
"Padre Bacco che sei nei boccali,
sian santificate le tue vendemmie,
venga il tuo tempo di fermentazione,
facci ben bere del buon vino quotidiano,
offri a noi grandi bevute come noi le rioffriremo ad altri,
inducici con le tue tentazioni aromatiche,
e liberaci dall'acqua."

Dopo il Mille, accanto alla viticoltura ecclesiastica e signorile, si affianca quella della nascente borghesia mercantile che intravedeva nella produzione e nel commercio dei vini nuove strade per profitti sicuri e redditizi. Da genere destinato all'alimentazione e agli usi liturgici, il vino diviene un bene ricercato, moneta di scambio e fonte di ricchezza per produttori e commercianti.



Ecco una ricetta di una celebre bevanda a base di vino nel Medioevo:

Ippocrasso Vino medievale
Ingredienti:
1 litro di vino rosso (ma si può fare anche col bianco), miele liquido 200 g, cannella in stecca pestata 8 g, zenzero fresco sbucciato e tagliato a fettine 8 g (sarebbe meglio altrettanta galanga, che assomiglia allo zenzero ma è più delicata, però è difficile da trovare), pochi grani del paradiso pestati (anche loro sono difficili da trovare, se non li trovate, sostituiteli con cardamomo).
Versate il vino in una brocca. Mescolate in una ciotola tutte le spezie, aggiungetele al vino assieme al miele e miscelate. Lasciate riposare per almeno 12 ore, ma anche 2 giorni, più riposa meglio è. Filtrate e passate in frigorifero, va servito a 10° di temperatura.


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