martedì 19 febbraio 2013

Dimmi cosa mangi...

... e ti dirò chi sei! Almeno questa è la versione tradizionale del  proverbio, ma oggi vogliamo modificare la seconda parte in "..e ti dirò da dove viene", poiché ci occuperemo di 4 esempi tipici dell'alimentazione mondializzata, e cioè che si possono trovare in ogni parte del mondo, soffermandoci sulla loro curiosa etimologia, che ci illuminerà anche sulla loro storia e provenienza.  Ecco i nostri snack:
Hamburger: la classica polpetta di carne, simbolo stesso del fast food made in USA, ha - come si può ben dedurre - un legame affettivo con la Germania: ad Amburgo si producono da sempre le polpette di carne trita, ovvero le Hamburger Klopse, come potrà notare chiunque si avventuri in un mercato della città anseatica. La parola (ed il cibo) diventa molto popolare negli USA quando gli emigranti tedeschi del 19° secolo giungono a New York, portandosi dietro questo cibo relativamente facile da mangiare in piedi, in strada, suscitando così la curiosità dei ragazzi locali che iniziano a chiedere alle mamme di preparare le Hamburger Steak (bistecche amburghesi) alla maniera dei tedeschi.



Secondo un'altra versione - che comunque si accosta facilmente a questa) un'altra possibile influenza sulla diffusione del termine e del cibo viene dalle navi che trasportavano gli immigranti ed il loro cibo, in gran parte appartenenti alla flotta Hamburg Line.  La prima ricetta di un  hamburger in terra americana si fa risalire ad un libro di cucina del 1884, mentre  il termine Hamburger (resta l'aggettivo che perde quindi il sostantivo steak..) si trova in un quotidiano di Washington del 1889.
Hot Dog: l'origine della parola che indica la classica salsiccia nel panino, originariamente Wurst in tedesco (come spiegammo in questo post) è molto interessante ed altrettanto contrastata, ne esistono molte versioni, e si è persino creata una sorta di leggenda attorno all'etimologia del termine.
Secondo una versione (oggi diremmo leggenda urbana, in quanto non suffragata dai fatti, ma ben radicata nella cultura popolare..) il termine fu usato da un venditore di salsicce nel vecchio stadio dei Giants di New York nel 1900, e visto che poverino non sapeva pronunciare il termine Frankfurter (con cui vengono chiamate le salsicce tedesche all'estero) si "inventò" la parola hot dog, forse per assonanza della forma del panino con un  quella di un bassotto. A quell'evento assistette il  disegnatore satirico T.A. Dorgan che  poi raffigurò l'hot dog nel suo giornale.



La storia è però leggendaria, ed a quanto si sa, non esiste nessun disegno simile, nè testimonianze coeve del fatto.
Più verosimile è invece questa versione: attorno alla metà del 1800 negli USA si vendevano già salsicce in strada, un cibo a buon mercato, comodo da mangiare e da acquistare. Visto il basso prezzo di vendita però qualcuno iniziò a sospettare che la provenienza della carne non fosse molto chiara, mandando in giro la versione che, tra le varie carni usate per le salsicce, ci fosse anche quella dei poveri cani randagi! La voce di diffuse velocemente e molti clienti avallarono l'ipotesi per burla..
Verso il 1894 gli studenti della Yale University - abituali clienti dei venditori ambulanti di salsicce (hot sausages, o anche hot frankfurter) - iniziarono per scherzo  a chiamare i  carretti dei venditori dog wagons, suffragando la tesi canina della salsicce, e -conseguentemente- le hot sausages divennero presto hot dogs!








La voce si diffuse in tutta la costa orientale  e presto anche negli stadi di baseball, da dove prese  il via per la diffusione continentale.
Pretzel: anche questo snack salato, che ha conosciuto fama internazionale, viene  dalla tradizione tedesca: la variante Pretzel, che conosciamo anche grazie ad Homer Simpson, è una variazione del termine Brezel, la cui radice è molto antica.



La parola è originariamente alto-tedesca, e nel medioevo viene coniata per indicare una ciambella "devozionale" che veniva cucinata nei monasteri carolingi in occasione di alcune festività cristiane. La sua forma richiama alla mente due braccia incrociate, come quelle di un bambino (forse Gesù bambino in grembo alla Madonna...) e visto che in latino la parola braccia è brachium, o bracchium, il prestito tedesco la trasforma in bracchiolum (piccole braccia) che poi - per assonanza - diveneterà brezzila e brezzel.   La ciambella salata è un elemento spesso presente nelle rappresentazioni medievali di banchetti, come in questo caso:



Donut: altra variante di ciambella, la classica ciambella dolce, americana, protagonista di ogni film in cui sia presente  un poliziotto (sembra che begli USA gli agenti non mangino altro...) o qualche membro della famiglia Simspson !  





La parola Donut (nota anche grazie all'omonima catena di negozi dunkin' donuts, ormai presente in ogni parte del pianeta) è una variazione del termine originale Doughnut, che - a sua volta - sembra sia stato coniato all'inizio del 1800 per indicare una ciambella nata da una noce (nut) di impasto (dough) per dolci.
Il celebre scrittore Washington Irving ne parla nella sua "Storia di New York" del 1809.
Lo spelling semplificato Donut è stato scelto per facilitarne la pronuncia, e già il New York Times lo adotta nel 1930 parlando di un "National donut week" in un articolo.
Da quel momento le ciambelle colorate, dolci, molto glassate ed attraenti hanno segnato la storia stessa del comfort food (o junk food?) negli USA e quindi nel mondo.




giovedì 14 febbraio 2013

La pietra angolare dell'amore - San Valentino

San Valentino - vista anche la "territorialità" del Santo ternano - val bene un post, anzi una riflessione veloce, seppure attenta, e dopo aver cercato tra i meandri della storia, scorso le pagine migliori della letteratura universale, dopo aver letto parole, parole, parole, ho finalmente colto la vera essenza dell'Eros (diverso dall'Agape) così come lo intende l'uomo moderno, con tutta la "sovrastruttura" romantica che si associa al termine.

Ho trovato la pietra angolare dell'amore (ma era facile in realtà...), ben nascosta tra centinaia di alte pietre, a delimitare un muro di cinta di un giardino, incastonata, sghemba, vicino ad altri mattoni, a prima vista insignificante, grigia, anzi di un ocra sporco, appena toccata da un piede che cerca un appiglio per superare quel limite invalicabile dell'odio e del pericolo, per giungere sotto ad una finestra, e  - di notte - godere della visione di un sole che sorge, e che annienta la luna con il suo splendore inatteso, come in una eclissi all'incontrario.

Tutte le parole, gli aggettivi, i sostantivi, tutti i sospiri, i mugugni, le risa e le lacrime, tutte le metafore del mondo, le iperboli ed i simboli, tutto ciò che scriviamo, pensiamo, sogniamo di notte e di giorno, rapiti dall'immagine del nostro desiderio, tutte le lettere scritte e mai spedite, tutti i graffiti insensati pieni di sigle, tutti i lagnosi TVB, tutti gli osceni 6MSC dipinti sui muri, tutti i lucchetti sacrificati sui ponti, tutti gli scarabocchi vergati sui diari durante le pigre lezioni di latino, tutte le poesie infantili, le frasi rubate, le citazioni inattese trascritte furtivamente su fogli volanti, tutti  gli incarti di baci Perugina lasciati tra le pagine dei libri amati, a mo' di segnalibro, tutte le canzoni, tutti i musicals, i  film natalizi e quelli Valentiniani, tutte le soap operas e le serie tv, insomma tutto lo scibile umano che attiene all'amore rappresentato nasce da questa breve scena, e dal dialogo che ne segue, scritto attorno al 1596:

domenica 3 febbraio 2013

Maestro Martino

Uno tra i più importanti cuochi tra il tardo Medioevo ed il  Rinascimento è sicuramente Martino de Rubeis, noto come Maestro Martino, nato attorno al 1430 probabilmente nel Canton Ticino, attivo a Milano, nella Longobardia medievale, durante la seconda  metà del 15° secolo, ed autore di uno dei testi culinari più rinomati della storia della cucina: il Liber de Arte Coquinaria, che - malgrado il titolo latino - raccoglie centinaia di ricette in lingua volgare, e che ha segnato la gastronomia italiana per molti secoli.



Raramente ci pervengono i nomi di cuochi e gastronomi dal passato, e quei pochi noti alla storia (Apicio il più noto) sono spesso legati a molte funzioni: preparatori di cibo, gastronomi, "studiosi" del cibo in generale, per cui è arduo stabilire una discriminante tra semplici artigiani e preparatori di pietanze e veri cuochi.
Questo trend non migliora nel Medioevo, le ricette che vengono trascritte nei vari trattati spesso sono anonime (come nel Liber de Coquina dell'inizio del 14° secolo, e fonte anche per alcune ricette di Mastro Martino), in quanto ciò che importa è la loro validità e certamente non l'originalità, che viene -anzi - vista con sospetto, perchè non sperimentata dal popolo!



La lettura di Mastro  Martino ci dà anche uno spaccato delle abitudini sociali, conviviali del suo tempo: nel libro si descrivono le pietanze, ma anche le modalità della preparazione della tavola, addirittura commenti circa gli ospiti a cui alcune pietanze sono destinate (per il popolo, per i nobili ecc...) sottolineando quindi -come ci ha ben spiegato Massimo Montanari nelle sue opere - che il valore simbolico, di "casta" del cibo è spesso di gran lunga maggiore del suo valore intrinseco!



Molte pietanze citate nel ricettario di Mastro Martino sono entrate nella tradizione culinaria italiana, seppure qui, attorno al 1400, vengono preparate con ingredienti diversi, e spesso con condimenti diversi ! Piuttosto comune in quest'epoca è infatti l'uso di accostare salse dolci a cibi salati, ed alternare l'aspro ed il dolciastro (tradizione tipica della Roma antica) nelle pietanze.

Vi proponiamo un esempio di ricetta "classica"  della cucina italia tout court nella preparazione e con le parole di Maestro Martino: quei Maccaroni che hanno caratterizzato per secoli  addirittura il popolo italiano in senso stretto:


Maccaroni romaneschi.

Piglia de la farina che sia bella, et distemperala et fa' la pasta
un pocho più grossa che quella de le lasagne, et avoltola intorno ad
un bastone. Et dapoi caccia fore il bastone, et tagliala la pasta larga
un dito piccolo, et resterà in modo de bindelle, overo stringhe.
Et mitteli accocere in brodo grasso, overo in acqua secundo il tempo.
Et vole bollire quando gli metti accocere. Et se tu gli coci in acqua
mettevi del butiro frescho, et pocho sale. Et como sonno cotti mittili
in piattelli con bono caso, et butiro, et spetie dolci.